Is 35,1-6.8.10
Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.
Gc 5,7-10
Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.
Mt 11,2-11
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Commento
La figura di Giovanni Battista si presenta come un ostinato cercatore di Dio. Perfino in un carcere, non smette il suo percorso e continua ad interrogarsi (e a far interrogare anche i suoi discepoli e noi lettori del Vangelo) sul Messia e dunque su Gesù. Quest’ottica non è differente da quella della prima lettura. In Is 34 (il capitolo che precede il nostro brano) troviamo delle immagini di terribile distruzione. Sono scene del giudizio sulle nazioni: il Signore colpirà gli empi stranieri, che hanno distrutto e oppresso il popolo, e la giustizia di Dio, purtroppo, dovrà assumere la forma della spada devastatrice. Ma queste immagini, volte a spingere gli empi alla conversione, non sono lo scopo ultimo dell’annuncio biblico. Quei testi servono infatti per introdurre brani come quello della prima lettura: il coraggio di sperare anche in condizioni terribili in un nuovo inizio, può sgorgare proprio dal fatto che Dio interverrà, che Lui è il giudice della Storia e che, dopo il giudizio, un nuovo ordine comparirà. In questo senso, Giovanni Battista, pur in carcere e schiavo di un potere politico tirannico, non smette di sperare. Troviamo la stessa dinamica in Is 35: i primi due versetti riprendono l’immagine della rinascita della natura (terra arida, steppa e deserto che rifioriscono); i v. 3-4 invece parlano di uomini malati o avviliti o scoraggiati che tornano a vivere; nei due versetti successivi si riprendono invece delle categorie più precise (ciechi e sordi) con addirittura lo zoppo che “saltella come un cervo”, indicando quindi non solo il recupero della naturali capacità ma una vera esplosione di vita! Una nuova strada viene aperta. Il cammino dunque non finisce qui, perché per poterla percorrere occorre anche tutto il proprio impegno etico e morale. Nel decidersi per il bene dimostriamo di poter seguire il Signore che è amore e che non tollera dunque il peccato e le sue forme. Questo messaggio è detto molto chiaramente nel v. 8: esiste una strada che è detta santa e l’impuro e gli stolti non possono procedere su di essa. Ma la frase in ebraico diventa poi più complessa. Tanto che anche gli antichi traduttori devono inventarsi qualcosa. Il greco e il latino, in modi diversi, sottolineano la santità di questa strada:
οὐδὲ ἔσται ἐκεῖ ὁδὸς ἀκάθαρτος / non ci sarà là sentiero impuro et haec erit nobis directa via / e sarà per noi una via ritta
Ma il testo è un po’ diverso (וְהוּא־לָ֑מוֹ הֹלֵ֥ךְ דֶּ֛רֶךְ): troviamo infatti un pronome di terza persona singolare, a cui si lega un participio (andante la strada) ma con l’aggiunta di un lamed dativale (a loro). La traduzione italiana interpreta così: «Sarà una via che il popolo potrà percorrere»: ciò significa che il maschile di terza persona singolare viene inteso come il popolo, e il participio si riferisce a questo soggetto con la sfumatura di “è in grado di percorrere la strada” e il dativo viene inserito in questa capacità che sarebbe per sé, a vantaggio cioè del popolo. Una soluzione possibile per un testo difficile.
La TOB, la traduzione francese1, invece intende il pronome di terza persona come Dio che apre da se stesso (ecco perché il pronome di terza persona) questa Via Santa. Il commentario di Alonso Schökel e Sicre Diaz dice: «Il testo si fa difficile. L’ebraico aggiunge: “Egli percorrerà il cammino per loro”, come se Dio fosse il loro esploratore». In questo senso si collocherebbe come guida per tutto il popolo. Correggendo perfino il modello esodico, dove Dio aveva detto che, per il peccato del popolo, non avrebbe più camminato con loro ma avrebbe mandato un angelo alla loro guida.
«2 Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo, l’ Amorreo, l’ Hittita, il Perizzita, l’ Eveo e il Gebuseo. 3 Và pure verso la terra dove scorre latte e miele… Ma io non verrò in mezzo a te, per non doverti sterminare lungo il cammino, perché tu sei un popolo di dura cervice”. 4 Il popolo udì questa triste notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti. 5 Il Signore disse a Mosè: “Riferisci agli Israeliti: Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te, io ti sterminerei» (Es 33). Is 35 dunque indica un cammino totalmente nuovo, che riprende il passato ma addirittura lo allarga! Questo senso dice bene anche il messaggio del Vangelo, perché l’idea base è proprio quella che le antiche profezie, per quanto belle e ricche, vengono superate. Non perché siano da buttare. Ma perché la grazia di Dio in Gesù si è dimostrata sovrabbondante. Giovanni Battista è dunque un profeta e Gesù lo riconosce tale. Ma come Is 35 supera l’immagine esodica, così anche la novità cristiana supera il più grande dei profeti perché, in Gesù, questo Dio ha già cominciato uno stile nuovo, tornando a camminare da Emmanuele sulla Strada Santa. Come sempre, questo annuncio così grandioso è anche responsabilizzante. Se Giovanni Battista è stato questo Elia che ha aperto la strada, ora questa strada è però tutta da percorrere. E il cristiano non può farlo semplicemente pensando di trascinarsi su di essa: i segni che Gesù riprende dalla prima lettura sono i gesti che mostrano come questo nuovo regno viene annunciato in parole e opere potenti. Il segno più potente, però, al di là dei miracoli (zoppi, ciechi, sordi, lebbrosi…), è proprio l’annuncio del vangelo ai poveri. Questo è il problema di fondo: il rischio che il credente si scandalizzi di un Gesù così, che apre la Via Santa non con una nuova edizione delle piaghe d’Egitto ma con la predicazione e i segni di una piccola chiesa, composta da Gesù e dai suoi amici/discepoli. Il rischio è di non entrare in questa beatitudine perché si dubita di Gesù, lo si vede come una pietra d’inciampo.
Qualcuno legge le domande di Giovanni Battista proprio come un suo dubitare. E quest’interpretazione è possibile. D’altronde, la fede vera non è mai presentata come una monolitica certezza. E il sentirsi in cammino, il “domandare sempre, senza stancarsi” sono componenti necessari della fede. È quanto viene sintetizzato nella seconda lettura con il tema della costanza. La fede, come un frutto della terra, deve essere sempre accudito perché cresca. E non lo si deve raccogliere dopo le prime piogge. Bisogna attendere, aspettare che sia innaffiato anche dalle ultime acque.
La figura del Battista è affascinante allora non perché dice tutto, ma proprio perché sprona ciascuno a fare il proprio percorso. Questo atteggiamento, tra l’altro, è perfettamente cristiano perché perfino Gesù non arriva a sostituirsi al credente ma si presenta come una via che porta al Padre. È così nel vangelo di Gv, in conclusione del Prologo, nel grande versetto conclusivo che potremmo proprio tradurre “Dio nessuno l’ha mai visto; il Figlio primogenito, proprio lui ha aperto la via” (almeno secondo le indicazioni di De La Potterie e Devillers). In effetti, Mt 11 è il capitolo in cui compare proprio il modello giovanneo di rapporto stretto tra il Padre e il Figlio2: in conclusione, Giovanni Battista ci rimanda a Gesù, che a sua volta però rilancia il nostro cammino verso quel Padre celeste a cui tendiamo da sempre e che deve diventare, nell’esercizio costante e quotidiano, il nostro orizzonte di vita.
1L’impur n’y passera pas – car le Seigneur lui-même ouvrira la voie (Is 35,8).
2 In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11.25-27).