Quindici giovani delle classi quarte e quinte si sono ritrovati con un gruppo di 9 carcerati di via Gleno. Riportiamo l’articolo integrale pubblicato da Eco di Bergamo il 29/03/2019.
“L’apparenza inganna, ma la realtà stupisce!”: queste sono le parole scritte da uno degli studenti del Seminario, riflessione maturata all’interno del progetto “La scuola del Seminario incontra il carcere”, che ha coinvolto 15 studenti delle classi quarte e quinte del liceo classico e delle scienze umane e alcuni detenuti della Casa circondariale. Dopo un percorso di formazione sul tema del pregiudizio e incontri all’interno del carcere, ieri nove detenuti, accompagnati da una quindicina di agenti, hanno “restituito” la visita. In Città Alta sono stati ospitati a pranzo e hanno poi continuato il dialogo con studenti e insegnanti. I detenuti fanno parte del “Gruppo di discussione aperto” che ogni giovedì si ritrova per confrontasi sui temi quali legalità, trasgressione, pregiudizio, stereotipi; a condurlo Vincenzo Aquino e Grazia Fortunato, psicologi del Serd Carcere, che sottolineano la natura di apertura del gruppo, nato nel 2015 per offrire occasioni di confronto tra detenuti e con realtà esterne. Ieri è stata una giornata speciale dal momento che è la prima volta che gli ospiti in via Gleno hanno l’opportunità di confrontarsi con ragazzi delle scuole superiori, mentre l’Università di Bergamo da anni ha rapporti con il carcere. Inoltre è anche una novità che sia stato concesso a un gruppo di detenuti di uscire dalla struttura; questo è stato possibile grazie alla disponibilità dell’amministrazione del carcere e all’autorizzazione del Magistrato di sorveglianza per un incontro che ha richiesto molto impegno anche da parte degli agenti della polizia penitenziaria. “E’ un momento importante-sottolinea Fortunato-di riconoscimento sociale, di cui queste persone hanno grande bisogno”. La ricchezza dell’incontro è emersa in modo evidente dalle parole dei ragazzi e dei detenuti (i cui nomi sono ovviamente di fantasia). Mario, che negli ultimi 16 anni non ha mai lasciato il carcere, ha ringraziato commosso i giovani per la disponibilità. Per Luigi “è stato straordinario pranzare al tavolo con i ragazzi, chiacchierare con loro di tutto. Mi sono sentito un uomo libero”. “Con questo percorso gli studenti-spiega il docente Alberto Ghidini-hanno sperimentato come le rappresentazioni che si hanno cambiano nel momento in cui ci si conosce. Anche i detenuti ne avevano sui seminaristi, visti come “pretini” e non ragazzi come altri”. “I detenuti non sono reati che camminano, ma persone” ha detto Luca; “Ho scoperto che non sono delinquenti, ma hanno umanità” ha aggiunto Federico. In cerchio il confronto è proseguito sul tema della giustizia riparativa, rigenerativa o riconciliativa. “L’incontro tra carnefice e vittima-ha detto Cristian, uno dei detenuti-è possibile se c’è una volontà da parte di entrambi. Per la vittima è più difficile. Si rischia di ferirla un’altra volta. E nel nostro sistema si dà più importanza all’autore del reato rispetto a chi lo subisce”. Gli attori di una possibile riconciliazione devono essere sempre tre-ha detto Aquino-: anche la comunità subisce un danno dal reato. “Per quello che sto sperimentando-ha affermato Paolo-, c’è sempre possibilità di cambiamento”. A conclusione dell’incontro saluti, sorrisi e strette di mano, autentiche dimostrazioni di stima. Il percorso non si è concluso ieri, si sta pensando già ad altri momenti di dialogo.