Sir 24
La sapienza fa il proprio elogio, in Dio trova il proprio vanto, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria, in mezzo al suo popolo viene esaltata, nella santa assemblea viene ammirata, nella moltitudine degli eletti trova la sua lode e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:
«Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti” . Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno.
Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità, nell’assemblea dei santi ho preso dimora».
Ef 1,3-6.15-18
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.
Gv 1,1-18
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Commento
Sir 24 è un brano famoso che abbiamo già ripreso nell’analisi dei testi del Natale (per un’analisi del Prologo, rinviamo a quel file scaricabile dall’archivio del sito). Infatti tutte le volte che si affronta la questione del Prologo non si può non considerare anche questo brano che l’autore del Quarto Vangelo ha chiaramente voluto citare riprendendo l’espressione del “porre la tenda”, azione che in Siracide viene compiuta dalla Sapienza in persona, che decide di venire ad abitare in Gerusalemme, e che in Gv 1 invece si riferisce all’incarnazione del Logos (termine che riprende la stessa personalizzazione del concetto di Sapienza presente, oltre che in Sir 24, anche in Prv 8). L’interesse di questi confronti è dato dal fatto che i libri dei Proverbi o del Siracide sono testi pre-cristiani, perfettamente radicati nella tradizione ebraica e questo permette di cogliere il cristianesimo in continuità con le antiche scritture giudaiche. La vicenda di Gesù Cristo non sarebbe dunque una meteora accaduta per caso sulla terra ma è in continuità e porta a compimento un progetto più grande, da sempre atteso e in qualche modo anche colto dai profeti e dall’AT, ma che certo si è realizzato come solo Dio Padre Onnipotente poteva pensarlo.
Questa piccola indicazione ci è di grande aiuto perché elimina alla radice diverse obiezioni che si potevano rivolgere alla nostra tradizione religiosa. Forse la creazione è un’opera incompleta? Forse Gesù viene come una pezza a ‘tappare’ una falla nel sistema? I testi sapienziali ci dicono che la Sapienza con cui Dio ha creato è perfetta, tutto è ordinato e segue il suo ritmo (si pensi anche a Gen 1, il racconto che, per eccellenza, descrive la creazione). Certo, la creazione mostra all’uomo anche la sua limitatezza. Con ironia, Sir 1 pone ai lettori/credenti delle domande “semplici” ma che dicono tutta la pochezza delle capacità dell’uomo di dominare la natura: «La sabbia del mare, le gocce della pioggia, i giorni del mondo chi potrà contarli? L’altezza del cielo, l’estensione della terra, la profondità dell’abisso chi potrà esplorarle?» (Sir 1,2-3). Gesù, che ci ricorda che non possiamo contare i capelli del nostro capo o renderne uno bianco o nero, si innesta nella stessa corrente sapienziale1. Ma Dio non è soltanto colui che crea magnificamente e poi abbandona la sua opera, disinteressandosene. La Sapienza, che era in origine (come tutta la tradizione sapienziale attesta), è la stessa che continua a muovere gli ingranaggi del mondo; e non solo per quanto riguarda il piano della natura! La Sapienza che ha creato non è diversa da quella che Dio ha dato agli uomini e che regola gli astri dell’universo o le nubi del cielo. Se Dio esiste, deve essere creatore; se è creatore, non è possibile che si limiti ad “accendere l’orologio” e poi se ne vada (un modello teista-illuminista): da sempre invece è presente in forma misteriosa attraverso appunto la sapienza che abita nel creato, nei cuori e nell’intelligenza degli uomini2 e soprattutto nelle Sacre Scritture. Queste Sacre Scritture sono esattamente la ‘personificazione’ della Sapienza creatrice. Ecco perché Sir 24 può affermare:
Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece posare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò; per tutta l’eternità non verrò meno. Ho officiato nella tenda santa davanti a lui, e così mi sono stabilita in Sion. Nella città amata mi ha fatto abitare; in Gerusalemme è il mio potere (Sir 24,8-11)
Nell’ottica giovannea, Gesù non fa che realizzare (certo, in maniera incredibile e, a priori, inaspettata) l’idea primordiale che era alla base di tutta questa Sapienza creatrice: far abitare Dio e l’uomo insieme. Era questo d’altronde il progetto di Dio almeno in origine (non a caso Gen 1 e Gv 1 iniziano volendo rifarsi a questo sfondo ancestrale: “In principio…”). Se si legge Genesi fino al momento esatto prima del peccato dell’uomo, si dice che l’uomo e la donna si nascosero all’udire i passi di Dio che camminava nel giardino (azione quest’ultima espressa al participio / τοῦ θεοῦ περιπατοῦντος ἐν τῷ παραδείσῳ). Il sogno di Dio era dunque quello di poter camminare con gli uomini e il modello originario funzionava finché l’uomo non ha avuto paura della sua nudità. Anche questa tematica ha molto a che fare con la corrente sapienziale: infatti l’essere nudo dell’uomo è un chiaro riferimento all’essere astuto del serpente (ovviamente queste assonante si percepiscono solo sul testo ebraico originario). Volutamente, il racconto del peccato di Gen 3 è introdotto da Gen 2,25 che accennava a questa condizione di nudità ben tollerata dall’umanità, esattamente quello che non succederà più con il peccato.
La Sapienza, se usata secondo il ‘timor di Dio’, principio della vera Sapienza3, ci porta a cogliere la creazione come un giardino in cui abitare con Dio per condividerne i frutti con i fratelli; senza questa umiltà, subentra il peccato e la paura, e questa è esattamente la nemica dell’amore.
Gesù, con il Prologo, viene a restaurare questo progetto primordiale: la sua funzione è proprio quella di rompere con il peccato per permettere una pace nuova con Dio e tra gli uomini. Non a caso Giovanni Battista lo presenterà come “l’Agnello di Dio che toglie il peccato (al singolare) del mondo / ἴδε ὁ ἀμνὸς τοῦ θεοῦ ὁ αἴρων τὴν ἁμαρτίαν τοῦ κόσμου”(Gv 1,29). Certo, questa frase non può essere letta come se con uno slogan il tema del peccato fosse automaticamente eliminato. Il Prologo conosce molto bene la potenza del rifiuto degli uomini: tre volte torna questo tema della distanza tra Dio e gli uomini: «…le tenebre non l’hanno accolta (Gv1,5)… Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,10-11)… Dio, nessuno lo ha mai visto (Gv 1,18)»
Ma la grandezza di Gesù è stata proprio quella di incarnare la volontà d’amore del Padre per dimostrare la testardaggine d’amore di Dio nel continuare a presentarsi al di là della risposta negativa degli uomini. In Gesù, nel Figlio che si incarna, gli uomini potranno sempre trovare il SI di Dio alla sua creazione e al suo progetto originario di vivere con loro. Progetto che neanche il peccato dell’uomo può spezzare perché la sentenza, che doveva essere di condanna per gli uomini, viene rovesciata dall’uomo della Croce che da lassù, dal suo patibolo, invece ‘attira tutti a sé’.
«Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire (Gv 12,31-33)
In fondo, la prospettiva di Paolo non è poi così diversa dato che invita gli Efesini a sperare nel progetto che fin dalla creazione parla del disegno d’amore di Dio per abitare con gli uomini.
1 Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello (Mt 5,36) / 30Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati (Mt 10,30)
2 Il Signore ha creato la sapienza; l’ha vista e l’ha misurata, l’ha diffusa su tutte le sue opere, su ogni mortale, secondo la sua generosità, la elargì a quanti lo amano (Sir 1,7-8)
3 Principio della sapienza è temere il Signore; essa fu creata con i fedeli nel seno materno (Sir 1,12)