Letture
Dal libro del profeta Isaìa (Is 52)
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Dalla lettera agli Ebrei (Ebr 1,1-6)
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».
Dal Vangelo di Giovanni (Gv 1,1-18)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Commento
Un noto canto natalizio, intitolato “Gaudete”, “Gioite!”, composto probabilmente nel XVII Secolo, così intona nella sua seconda strofa:
Deus homo factus est natura mirante,
mundus renovatus est a Christo regnante
cioè:
Dio si è fatto uomo mentre la natura osservava,
il mondo è stato rinnovato da Cristo che regna.
Oggi festeggiamo la nascita del Nostro Signore Gesù Cristo nella storia. Il Dio invisibile dell’Alleanza con Abramo e Mosè si è reso visibile in un bambino, l’infinito è presente nel finito limite di un corpicino fragile. L’eternità si comprime in un preciso momento storico, il “per sempre” diventa “qui ed ora”.
Di fronte ad ogni azione di Dio, il cuore dell’uomo risponde con la meraviglia: l’annuncio di buona notizia che il Profeta Isaia ci porge nella Prima Lettura fa scaturire dal popolo d’Israele desolato un canto di gioia (Is 52,9): la salvezza, nonostante le avversità contingenti, si fa strada luminosa.
L’azione straordinaria di Dio, oggi, è entrare nell’ordinario: la natura contempla il creatore che si fa creatura, colui che dona la vita che si fa vita esposta, colui che salva che si fa necessario di cure.
Lo stupore diventa più grande, poiché non siamo di fronte ad un’epifania spettacolare, ma paradossalmente all’annichilimento dell’onnipotenza di Dio: egli si fa uomo.
Entrando nella nostra storia, egli entra anche nelle strutture di peccato che costituiscono il nostro mondo, non più portando solo un messaggio di speranza per un futuro di salvezza, ma facendosi egli stesso salvezza per noi, realizzando con la propria esistenza quella speranza che era stata annunciata sotto forma di immagine dai Profeti ed era stata soltanto intravista dai Patriarchi.
Entrando nella sfera creaturale, Cristo la attraversa in un arco che parte dall’incarnazione, passa per la nascita e giunge alla morte: la parabola di una vita che raccoglie in sé ogni vita, aprendo a ciascun uomo la porta alla resurrezione.
Il rinnovamento del mondo, quindi, è possibile perché l’umanità è assunta da Cristo in modo pieno e reale: veramente è nato, come nasce ciascuno di noi, veramente è vissuto, come vive ciascun uomo sulla faccia della terra, veramente è morto, come ogni uomo muore, veramente è risorto, consentendo pertanto ad ogni uomo di risorgere. Il trono del Figlio, da cui sconfigge la morte e innesta in modo definitivo la nostra vita nella sua, è pertanto il legno della croce: attraversando ciò che limita e determina l’umanità, Cristo le attribuisce un’identità nuova.
L’Evangelista Luca racconta questa verità costituendo numerosi paralleli letterari tra il racconto della nascita (Lc 2,6-7) e il racconto della deposizione di Cristo nel sepolcro (Lc 23,53), mentre l’Evangelista Giovanni, nel prologo, che abbiamo appena ascoltato, la presenta con un linguaggio più ricercato, utilizzando una serie di immagini estremamente potenti ed evocative: la Parola, la vita, la luce, le tenebre, il sangue, il generare, l’abitare: che cosa c’è di più umano di queste realtà esperibili, e cosa c’è di più divino del poter realizzare la propria umanità?.
“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14)
Di fronte al mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, che in questo momento celebriamo unitamente, che cosa possiamo fare, se non porci in contemplazione? Guardare, con animo riconoscente, la realizzazione del progetto di Dio, lasciarci travolgere dalla luce, che non può essere avvinta e sconfitta dalle tenebre inospitali (Gv 1,4-5).
Vedere il Figlio, ora che è possibile (Cfr. Eb 1,1-3), ora che calpesta la nostra terra, che parla la nostra lingua, che vive i nostri sentimenti, abbatte quella distanza siderale che ci teneva lontani da Dio: “i cherubini e la fiamma di spada guizzante” (Gen 3,24) posti a custodire l’albero della vita dopo il peccato originale, lasciano ora il posto alla drammatica tenerezza di una fragile, santa, famiglia. Il frutto dell’albero della vita è ora offerto ad ogni uomo, perché il peccato dell’Uomo è riscattato dalla storia dell’Uomo-Dio, affinché possiamo diventare tutti, per sempre, Figli di Dio (Gv 1,12).
Gaudete! Gaudete! Christus est natus ex Maria Virgine, gaudete!
Gioite! Gioite! Cristo è nato da Maria Vergine, gioite!
Deus homo factus est natura mirante,
mundus renovatus est a Christo regnante
Dio si è fatto uomo mentre la natura osservava,
il mondo è stato rinnovato da Cristo che regna.
(Don Alessandro Previtali)