La storia della chiesa, anche locale, si basa su idee, su progetti e su intuizioni, apparentemente poco significativi. E’ il caso di d. Pietro Buffoni (1900-1976) definito, in occasione dell’omelia funebre, da mons. C. Gaddi “prete da nulla” per il suo portamento, per il suo abito, ma molto volitivo.
Nato nel paese di Presezzo, il giovane Pietro desiderava consacrarsi come discepolo di s. Francesco nell’ordine dei Cappuccini. Fu dimesso dai frati per ragioni di salute e per una personalità, inquieta e interiormente travagliata. Fu accolto nel seminario vescovile di Bergamo, dove, nel 1920, cominciando a frequentare i corsi ginnasiali.
Nel novembre 1933, diede inizio, nell’oratorio della parrocchia della sua prima destinazione, Botta di Sedrina, all’esperienza degli Esercizi spirituali. In questa piccola realtà, d. Pietro strutturò, con uno stile proprio, l’attività degli Esercizi, trasformandoli in Ritiri minimi, della durata di un giorno e destinati agli operai, che, soprattutto nel secondo dopoguerra, si stavano allontanando dalla chiesa e dalla pratica religiosa. L’oratorio della Botta si ampliò e furono aggiunte due sedi (Villongo e Colzate).
D. Buffoni trovò interlocuzione diretta ed epistolare con s. Giovanni Calabria, conosciuto tramite la sorella suor Allodia, religiosa a Verona , con il suo successore d. Luigi Pedrollo e con alcuni confratelli, tra i quali i d. Abele Agostinelli, che lo ospitò, nei primi mesi del suo ministero dopo l’ordinazione presbiterale (1928) a Bruntino e gli fu direttore spirituale. Fu però il servo di Dio,suo confratello di ordinazione, allora assistente di AC, d. Antonio Seghezzi, (1906-1945) a segnalarlo decisamente a mons. A. Bernareggi, perché lo nominasse direttore dell’Opera Esercizi per il ramo maschile di AC. Il vescovo era stato sino ad allora restio davanti a un progetto, rivolto alla predicazione dei ritiri e che contemplava l’elemento sacerdotale, quello laicale e il ramo femminile.
L ’Opera Diocesana fu riconosciuta dall’ordinario, nel 1948. D. Buffoni continuò a pensare in grande: un gruppo di giovani collaboratrici, che si erano riunite, sin dagli inizi ed erano aumentate poi negli anni successivi , ebbero il riconoscimento canonico come Oblate dal vescovo mons. Giuseppe Piazzi (1963). Nel frattempo, d. Buffoni insieme ad alcuni sacerdoti nominati dal vescovo, aveva mantenuto legami con giovani e adulti per organizzare un manipolo di laici.
Gli ultimi anni sino alla morte furono segnati dalla malattia; egli aveva annotato i suoi pensieri, i progetti in alcuni scritti soprattutto Diari. La casa della Botta divenne de facto casa di spiritualità per tutte le categorie umane, raggiungendo una partecipazione numerica elevata. L’approvazione ufficiale dell’Opera, così come pensata dal suo fondatore, sarebbe giunta nel 2000 ad opera del vescovo mons. R. Amadei.